sabato 3 marzo 2012

Go on telling me that I don’t need a job or a college degree

In cui rifletto sul ruolo di internet nella mia vita e come al solito non arrivo a una risposta chiara. Ma moralizzo.

Forse alcuni di voi avranno notato che in questi ultimi giorni non ho scritto sul blog. Il fatto di essere disconnesso pressoché sempre per via degli esami e dello studio smodato che ne deriva, mi ha permesso di riflettere riguardo il mio rapporto con la rete e l’effetto che questo ha sulla la mia vita.
Inoltre, il mio consumo medio di otto tazze di caffè al giorno, tipico della settimana pre-esame, ha reso il tutto molto più viscerale e profondo (=superfluo).

Sono una persona abbastanza divisa, non riesco mai a trovare un equilibrio tra i diversi poli d’attrazione della mia indole, a bilanciare la mia personalità in modo da poter beneficiare di tutte le sue caratteristiche spesso contrastanti. L’utilizzo che faccio di internet è particolarmente emblematico, per ciò che concerne questo aspetto di me.
Prima di tutto, la mia vita di tutti i giorni è estremamente “concreta”, per usare un termine forse non del tutto appropriato. Si divide tra tirocini in ospedale, lezioni (a cui non partecipo poi così assiduamente) o comunque libri, mentre il poco tempo restante è di solito occupato da concerti, film o altre cose affini.
Su internet invece sono costantemente al confronto con molti miei amici/conoscenti che, probabilmente, possono essere considerate delle piccole web-star, o comunque persone la cui quotidianità collima perfettamente con l’utilizzo che fanno della rete. Diciamo che la loro esistenza online e quella offline sono del tutto compenetranti.

Per me è diverso: io vivo due esistenze tutto sommato separate, con pochi punti di contatto e, anzi, spesso in attrito. Talvolta ho l’impressione che il tempo “della rete” sia sottratto al tempo “della quotidianità”, o che comunque internet sia una forma di evasione per tutte le volte in cui mi sento poco stimolato dalla mia routine, e che cada poi in secondo piano nei momenti in cui mi sento totalmente immerso nelle cose che faccio, allontanandomi dal bisogno di confermare un me “altro” con i mezzi della rete.

Questo credo si ricolleghi anche ad un mio legame irrazionale con il mito romantico del creativo squattrinato che sopravvive inseguendo una qualche ambizione. Insomma, a chi non piacerebbe vivere di musica o di fotografia? Allo stesso tempo, per restare in linea con questa mia dicotomia interiore, ho il buon senso per ammettere la mia inettitudine sia in campo musicale, che fotografico. Non sono bravo nemmeno come yogi, per dirla tutta (provate voi a competere con delle casalinghe cinquantenni, prima di criticare).
E mi domando se sia giusto perseguire un’idea o un desiderio, o se piuttosto sia più saggio o maturo capire chi veramente siamo e seguire semplicemente la nostra attitudine.
Semplicemente, ogni giorno che passa chiudiamo una qualche porta, imbocchiamo una strada che sempre più ci allontana da altre vie?

Quello che so, è che ho bisogno di migliorare il mio rapporto con la rete. Potrei forse iniziare smettendo di scrivere odiosi pistolotti morali come questo?

listening: Rose Mary Stretch - pepper rabbit

Nessun commento:

Posta un commento